DISPRASSIA
Secondo il DSM- 5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) il
termine disprassia può essere utilizzato per descrivere il quadro del disturbo
dello sviluppo della coordinazione motoria , il cosiddetto DCD (Developmental
coordination disorder).
L’ ICD-10 (International Classification of Diseas) inserisce la Disprassia fra i
Disturbi Evolutivi Specifici della Funzione Motoria (DESFM).
La prassia viene definita come “un movimento intenzionale compiuto con
destrezza” (G. e L. Sabbadini). Sulla base di tale definizione la disprassia viene
definita come “disturbo dell’esecuzione di un’azione intenzionale” ma più in
particolare come la “difficoltà a rappresentarsi, programmare, ed eseguire
movimenti intenzionali in serie o in sequenza, finalizzati al raggiungimento di
un preciso scopo ed obbiettivo”.
I soggetti disprattici non riescono ad acquisire e quindi ad automatizzare
movimenti intenzionali finalizzati al raggiungimento di specifici obiettivi
predefiniti, e necessitano di pensare alla pianificazione dei movimenti.
Nello stesso bambino è possibile riscontrare una o più tipologie di disprassia, di
cui una tipologia è preminente rispetto ad altre. Si può avere: disprassia
verbale, orale, dell’abbigliamento, degli arti superiori, della scrittura, di
sguardo, della marcia, del disegno, costruttiva.
Viene spesso evidenziata nella cartella clinica una familiarità che farebbe
ipotizzare una componente genetica, e vengono spesso sottolineati problemi
durante la gravidanza o al parto. Viene riscontrata un’alta incidenza della
disprassia nei bambini prematuri e/o a basso peso alla nascita.
termine disprassia può essere utilizzato per descrivere il quadro del disturbo
dello sviluppo della coordinazione motoria , il cosiddetto DCD (Developmental
coordination disorder).
L’ ICD-10 (International Classification of Diseas) inserisce la Disprassia fra i
Disturbi Evolutivi Specifici della Funzione Motoria (DESFM).
La prassia viene definita come “un movimento intenzionale compiuto con
destrezza” (G. e L. Sabbadini). Sulla base di tale definizione la disprassia viene
definita come “disturbo dell’esecuzione di un’azione intenzionale” ma più in
particolare come la “difficoltà a rappresentarsi, programmare, ed eseguire
movimenti intenzionali in serie o in sequenza, finalizzati al raggiungimento di
un preciso scopo ed obbiettivo”.
I soggetti disprattici non riescono ad acquisire e quindi ad automatizzare
movimenti intenzionali finalizzati al raggiungimento di specifici obiettivi
predefiniti, e necessitano di pensare alla pianificazione dei movimenti.
Nello stesso bambino è possibile riscontrare una o più tipologie di disprassia, di
cui una tipologia è preminente rispetto ad altre. Si può avere: disprassia
verbale, orale, dell’abbigliamento, degli arti superiori, della scrittura, di
sguardo, della marcia, del disegno, costruttiva.
Viene spesso evidenziata nella cartella clinica una familiarità che farebbe
ipotizzare una componente genetica, e vengono spesso sottolineati problemi
durante la gravidanza o al parto. Viene riscontrata un’alta incidenza della
disprassia nei bambini prematuri e/o a basso peso alla nascita.